Come la personalità potenzia o boicotta il ruolo

Coaching: personalità e ruolo

Come Business Coach mi occupo di aiutare le persone e i team ad ottenere le loro migliori performance in ambito lavorativo.

Per farlo devo interagire con le diverse personalità nei diversi ruoli, identificando i valori le competenze, le abilità e le potenzialità.

Spesso le persone si dimenticano che anche le  posizioni lavorative hanno  dei comportamenti attesi, a prescindere dal ruolo professionale. A questo si aggiunge la gestione della personalità, che può potenziare o boicottare le performance di ruolo e il successo professionale.

Quali sono i presupposti e gli elementi di una relazione professionale efficace e altamente soddisfacente?

Andiamo con ordine…

Ognuno di noi è unico e irripetibile ed è il frutto della propria storia personale, del contesto in cui ha vissuto, dell’educazione che ha ricevuto, delle proprie attitudini, motivazioni, convinzioni, regole morali ed etiche.

Personalità, ruolo professionale, posizione lavorativa

È questo insieme di caratteristiche psicologiche e comportamentali che  definisce la personalità, concetto dinamico che matura ed evolve mentre la vita scorre, modellata dalla forza degli eventi che impattano sulla vita della persona. La personalità è il bagaglio unico ed esclusivo che la persona porta in dotazione al ruolo professionale. A volte questo bagaglio potenzia la capacità di adottare i comportamenti attesi nel ruolo, a volte la ostacola. 

Il ruolo professionale è l’insieme delle competenze, conoscenze e abilità specifiche attese dalla qualifica. La chiave del successo in ambito lavorativo è  la capacità di adottare i comportamenti attesi nel ruolo professionale e nella posizione lavorativa, ed è un successo fortemente influenzato dalla personalità.

Tutte le relazioni ruotano attorno al concetto di ruolo e di comportamenti attinenti al ruolo. Quando ci si relaziona con l’altro lo si fa in un ruolo (da amico, da collega, da utente, da cliente, da familiare, da parente…).

Più i comportamenti che si adottano nella relazione sono coerenti con le aspettative correlate al ruolo, più la relazione e la valutazione dell’interlocutore saranno positive. 

Ad esempio, in una relazione tra fratelli, i comportamenti possono essere leali e sinergici come quelli dei fratelli Grimm o sleali e competitivi e letali come quelli di Abele e Caino. Nel relazionarci con un fratello preferiremmo di gran lunga una relazione basata su comportamenti leali e sinergici  da “fratello Grimm” piuttosto che i comportamenti  competitivi e letali da “fratello Caino”. 

Nelle relazioni lavorative, dove i ruoli sono professionali, si aggiunge un altro elemento che sono i comportamenti attesi dalla posizione lavorativa.

Nella valutazione del ruolo, si esegue la valutazione delle competenze, delle conoscenze, delle abilità e dei comportamenti attesi, si determina la posizione lavorativa (figure apicali titolari o direzionali o figure subordinate) dalla quale ci si aspetta comportamenti coerenti.

Il valore complessivo che la persona assume per l’organizzazione è dato dall’aderenza ai comportamenti attesi nel ruolo professionale e dall’aderenza dei comportamenti attesi nella posizione lavorativa

Affinché un ruolo e una posizione lavorativa si trasformino in carriera lavorativa è necessario che la persona mantenga alta la motivazione, l’acquisizione continua di  conoscenzematuri abilità, ma  l’elemento chiave è che adotti i comportamenti attesi dal ruolo professionale e dalla posizione lavorativa. Una carriera lavorativa, infatti, può essere caratterizzata solo dagli “scatti di anzianità” oppure dagli scatti di anzianità e da una progressiva assunzione di responsabilità a seguito di maggiori  conoscenze, abilità e competenze e di comportamenti professionalmente impeccabili. 

Chi  riveste posizioni apicali di direzione o è un  titolare, deve essere in grado di adottare anche i comportamenti attesi nella sua posizione di datore di lavoro, che sono i comportamenti di guida del leader. Chi è dipendente, deve adottare i comportamenti attesi nella posizione lavorativa che sono i comportamenti di efficace ed efficiente partecipazione attiva. 

Imprenditori e professionisti

L’imprenditore nasce con l’idea di fare business contando su una forza lavoro superiore alle sue capacità personali, nasce “con il DNA psicologico della delega”, immagina di avvalersi di più persone (più persone immagina, più rilevante sarà il suo business) e quindi è più sensibile e motivato ad imparare i comportamenti “giusti” del leader, del capo, del datore di lavoro. Considera i suoi dipendenti come figure professionali competenti e autonome in grado di sviluppare parte del suo business. 

Il professionista invece, nasce con l’idea di fare in prima persona un determinato lavoro, accentra su di sé la forza lavoro e solo dopo diversi anni di esperienza e di attività professionale svolta con diligenza competenza e precisione, decide di avvalersi di colleghi o figure ausiliarie che gli permettano di liberare tempo ed energie per dedicarsi con maggiore serenità tempo attenzione a nuove branche, nuove tecniche, livelli di complessità maggiori. È meno sensibile e meno motivato ad apprendere i comportamenti “giusti” della posizione di datore di lavoro perché è concentrato sull’esecuzione delle prestazioni, in cui i dipendenti sono funzionali “solo” a soddisfare i suoi bisogni professionali, ed è difficile che gli operatori vengano considerati con ”competenza e autonomia  propria”.

L’imprenditore sa che deve favorire l’autonomia dei collaboratori, la circoscrive a la fa crescere progressivamente. Il più grande successo di un imprenditore è realizzare organizzazioni che prosperano senza che la sua presenza sia indispensabile al business.

Il professionista fa evolvere l’autonomia dei collaboratori in base ai suoi bisogni, delegando ciò che gli piace meno fare e ciò che ritiene più utile secondo le sue esigenze personali non secondo le esigenze dell’organizzazione.

Per l’imprenditore le riunioni sono fondamentali, sono il momento dl feedback strategico da parte dei suoi collaboratori delegati a mandare avanti l’impresa per suo conto.

Per il professionista (che nel mio ambito è il professionista sanitario ma i principi si applicano a tutte le professioni) tutto quello che non è attività clinica (ovvero ciò per cui ha studiato e per cui investe molte ore per l’apprendimento continuo) è vissuto come una perdita di tempo, come uno spreco di risorse e di energie

L’imprenditore arriva in riunione preparato, perfettamente consapevole che il suo compito è di ascoltare gli aggiornamenti, chiedere precisazioni e indicatori di misurazione, e poi dare indicazioni, direttive, risorse, dead line, sa che, come un “condottiero”, deve tenere l’esercito compatto, allocare le risorse  e indicare la rotta “per la conquista di Roma”.  

Il professionista arriva in riunione in ritardo (primo segnale che considera l’incontro meno importante di altro), spesso senza avere a mente l’ordine del giorno, tende a perdersi nei meandri dell’analisi dei problemi da affrontare, incapace di riorganizzare e scomporre per step e livelli o competenze i problemi da affrontare, spesso inconsapevole dei comportamenti che il team si attende da lui/lei nel ruolo di datore di lavoro. 

Oltre al set mentale (imprenditore vs professionista) aggiungete la personalità ed ecco spiegati i risultati dei team: alcuni team soni molto performanti, ottimamente guidati da leader consapevoli preparati ed efficacialtri team sono molto caotici, umorali, incoerenti guidati da leader egocentrici intenti a costruirsi un team di yes man o di yes woman. 

La relazione datore di lavoro – dipendente

Se datore di lavoro e dipendente adottano comportamenti coerenti con le loro posizioni lavorative, ispirati alla professionalità dei reciproci ruoli professionali, e sono capaci di adattare la propria personalità in funzione dei ruoli, e delle reciproche posizioni lavorative, è molto probabile che si generi un’ottima relazione umana e professionale e che la collaborazione sia molto soddisfacente per entrambi

Il sentimento ideale del team di lavoro è la stima professionale reciproca, che nasce dal rispetto reciproco per il ruolo professionale e dal livello di professionalità. Se si riesce a costruire il team basato su questi elementi è molto probabile che la capacità produttiva aumenti, il livello di soddisfazione si mantenga alto e il clima partecipativo.

Quando invece la personalità boicotta il ruolo, i comportamenti professionali ne sono influenzati e così i comportamenti della posizione lavorativa. È un fenomeno molto più frequente di quanto si pensi. A prescindere dal ruolo professionale e dalla posizione lavorativa, la persona arriva con il suo bagaglio unico ed esclusivo e invece di adattare la sua unicità per potenziare il  ruolo, adatta il ruolo alla sua unicità, lasciandosi andare a comportamenti boicottanti e inadeguati. 

Chi è remissivo si fa mettere in piedi in testa da chiunque anche se occupa posizioni lavorative apicali, chi è aggressivo scarica le sue energie sul prossimo e incurante della posizione lavorativa; chi è altero giustifica un clima di lavoro intimidatorio e distaccato, chi è lento rallenta l’intero gruppo invece di allinearsi alla velocità del gruppo, chi è espansivo tende a creare climi di lavoro accoglienti che possono sfociare in eccessiva intimità ricalcando le dinamiche familiari, chi è scaltro e ambizioso sfrutta l’organizzazione in funzione dei suoi valori e dei suoi obiettivi invece di adottare i valori del team e perseguire gli obiettivi dell’organizzazione, chi è umorale sposta il team sulle montagne russe invece di adottare un sano distacco dall’eccesso di emozioni e così via. Si assiste a una carrellata di comportamenti variopinti a volte anche divertenti ma altamente improduttivi e assolutamente inadeguati ai ruoli e alle posizioni lavorative. 

Gli elementi chiave dei team vincenti: Stima, rispetto reciproco e professionalità

Se l’alleanza terapeutica medico-paziente si basa sul rispetto e la stima dei reciproci ruoli (il medico riconosce l’indipendenza decisionale e l’autonomia  del paziente ed il paziente riconosce la competenza del medico e la sua libertà di azione in scienza e coscienza), l’alleanza lavorativa si basa sul rispetto e la stima delle posizioni lavorative e sui comportamenti professionali attesi nel ruolo.

Nel momento in cui il medico dimentica la sua professionalità e si sente superiore al paziente, e il paziente dimentica i comportamenti attesi dal suo ruolo di paziente e si sente superiore al medico e ne ignora le indicazioni e prescrizioni, crolla la relazione di fiducia e l’alleanza terapeutica entra in crisi e la rottura della relazione di cura è dietro l’angolo.

Analogamente, anche la relazione datore di lavoro-dipendente deve essere caratterizzata da stima per il ruolo, rispetto reciproco e professionalità. 

Il datore di lavoro deve tenere a mente i comportamenti attesi dal dipendente nella sua posizione lavorativa di leader e di guida e deve essere consapevole di cosa si aspetta da lui il suo team. Il team chiede la direzione da seguire, gli obiettivi specifici da raggiungere, i vincoli e le risorse per raggiungerli, le autonomie operative e linee gerarchiche. 

Il dipendente deve tenere a mente la sua posizione subordinata, il livello di responsabilità correlato alla posizione e al ruolo professionale e adottare i comportamenti attesi dal datore di lavoro.  

In una relazione professionale caratterizzata da stima e rispetto reciproco, un datore di lavoro rispetta e favorisce l’autonomia operativa del dipendente, evita di trattarlo come un mero esecutore pronto a scattare ad ogni desiderio o capriccio ed esige comportamenti coerenti al ruolo professionale e alla posizione lavorativa.

Il dipendente a sua volta, si impegna a adottare i comportamenti coerenti con la posizione lavorativa, si impegna per sviluppare la sua carriera, per guadagnare sempre maggiore autonomia e competenza. Evita di boicottare  sé stesso e il team con la propria personalità perché incapace di autogestirsi e semmai lo arricchisce con la propria personalità adattata alle aspettative.  Evita di ostacolare il cambiamento e di leggere ogni richiesta come un problema anziché come un’opportunità di crescita. 

In una relazione professionale caratterizzata da stima e rispetto reciproco il dialogo è franco e onesto, flessibile e reciprocamente supportivo quando le complessità operative mettono a dura prova, intellettualmente onesto e  capace di scuse quando qualcosa va storto e non si riesce a dare il meglio di sé. 

Come business Coach lavoro sulle performance di posizione e si ruolo, affinchè le persone raccolgano i frutti della personalità adattata in modo sano al lavoro ed alla propria idea di soddisfazione professionale e di successo.

 

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