Gli indicatori della performance: perché misurare il valore del lavoro

Misurare il lavoro

La misurazione della performance nasce storicamente nei sistemi pubblici per rispondere a un’esigenza molto concreta: creare condizioni stimolanti e premianti anche in contesti dove il rischio di appiattimento motivazionale è alto.

Nel settore pubblico, e in particolare nella sanità pubblica, gli ambienti di lavoro sono spesso ad alta complessità. Le difficoltà non derivano tanto dalla competizione di mercato, quanto da fattori strutturali e sistemici che rendono difficile mantenere alta l’efficacia e il coinvolgimento delle persone.

I principali fattori di stress nella sanità pubblica includono:

  • Vincoli normativi stringenti e burocrazia diffusa, che rallentano i processi, scoraggiano l’iniziativa individuale e irrigidiscono l’organizzazione;
  • Sistemi informativi non integrati, che rendono difficile la condivisione di dati e la visione unitaria del percorso di cura;
  • Mancanza di coordinamento tra reparti e servizi, che genera confusione nei ruoli, sovrapposizioni operative e discontinuità nell’assistenza;
  • Sovraccarico di lavoro, legato alla carenza cronica di personale e all’aumento della domanda sanitaria;
  • Domanda di cura sempre più complessa, con pazienti fragili, cronici e spesso privi di riferimenti costanti;
  • Scarso riconoscimento del merito, che alimenta frustrazione e perdita di motivazione, soprattutto tra i professionisti più coinvolti. 

In questo scenario, la valutazione della performance è stata introdotta per restituire senso al lavoro, visibilità ai risultati e criteri oggettivi su cui basare sviluppo, crescita e riconoscimenti.

Misurare il valore generato e la qualità del servizio clinico e assistenziale erogato è il primo passo per valorizzare le persone e orientare l’organizzazione verso standard sempre più elevati.

E se questa logica ha senso nel pubblico, diventa ancora più potente nel privato, dove l’autonomia gestionale e la dinamicità operativa consentono di usare la misurazione come leva strategica per evolvere, motivare e migliorare in modo continuo.

Molti operatori — in ambito sanitario, ma anche in altri settori — tendono a confondere la corretta esecuzione dei compiti assegnati con l’efficacia professionale nel senso più pieno.

Essere precisi, puntuali e rispettare le procedure è un prerequisito, non un indicatore di performance eccellente.

Dove si misura la vera performance?

La vera performance si misura nel valore aggiunto che un professionista porta al contesto in cui opera.

Questo valore si manifesta attraverso:

  • la proattività: la capacità di anticipare bisogni, proporre soluzioni, migliorare i processi;
  • la capacità critica costruttiva: leggere i segnali del sistema, individuare incoerenze o criticità e contribuire a risolverle;
  • la partecipazione consapevole: collaborare non solo per dovere, ma con senso di responsabilità rispetto agli obiettivi comuni;
  • la capacità di apprendere e trasferire competenze, migliorando il team nel suo insieme.

Peter Drucker ha spesso sottolineato che “l’efficacia non risiede nel fare le cose nel modo giusto, ma nel fare le cose giuste”: un invito esplicito ad andare oltre l’esecuzione formale.

Anche Daniel Goleman, con la sua teoria dell’intelligenza emotiva, pone l’accento sulla capacità di comprendere il contesto, agire con consapevolezza e influenzare positivamente l’ambiente: tratti che distinguono chi fa bene da chi fa crescere il sistema.

Ogni feedback è un tassello che arricchisce l’identità professionale, perché riconosce ciò che una persona è oggi e apre la strada a ciò che può diventare domani.

Ma perché questo accada, il feedback deve essere reale, costruito su osservazioni oggettive, non lasciato all’autopercezione o — peggio — all’autogiudizio.

Incontrare i propri collaboratori almeno una volta all’anno per un confronto strutturato sulle performance non è una gentile concessione del leader, è un dovere organizzativo.

Significa aiutare ciascuno a costruire un’identità professionale solida, non autoreferenziale, non basata su impressioni soggettive, timori interiori o — come accade spesso — su sindromi da “Calimero”: «tanto non mi vedono», «faccio tanto ma non conta».

Quando questo momento di confronto manca, le conseguenze non tardano ad arrivare:

  • cresce la disaffezione,
  • si insinua la sensazione che nulla cambi, a prescindere dall’impegno,
  • prende forma la convinzione che non ci sia differenza tra fare bene, fare il minimo o non fare affatto.

Senza feedback, ogni risorsa resta chiusa nella propria bolla, senza parametri di riferimento, senza stimoli di crescita, senza riconoscimento.

E un’organizzazione che non restituisce visibilità ai suoi collaboratori si condanna all’appiattimento e disperde lentamente il suo potenziale.

Se un leader non trova il tempo per sedersi almeno una volta all’anno a dare un feedback strutturato su quattro semplici indicatori — risultati, metodo, collaborazione e atteggiamento — allora non sta guidando: sta solo amministrando presenze.

Misurare la performance significa valorizzare il contributo reale delle persone, stimolarle a crescere e creare una cultura del merito che fa bene all’intera organizzazione.

Ma per rendere questa misurazione concreta, è necessario scegliere indicatori chiari, adatti al ruolo, che tengano conto non solo dei risultati, ma anche dei comportamenti, dei processi e del contesto.

Si migliora ciò che si misura

È proprio questo il tema del prossimo articolo: gli indicatori della performance per migliorare e crescere, in cui esploreremo quali parametri usare per misurare la performance in modo utile, costruttivo e orientato allo sviluppo.

Questi concetti — il ruolo, la performance, la cultura del feedback e la misurazione attraverso indicatori — non restano teoria nei miei percorsi formativi.

Nei corsi che ho progettato dedico ore specifiche alla definizione del ruolo professionale, alla costruzione di indicatori di performance e alla pratica del feedback, come strumento concreto per favorire il miglioramento continuo e l’allineamento organizzativo.

Si migliora ciò che si misura, si cresce in un ruolo sapendo con chiarezza cosa ci si aspetta e come si può contribuire al successo dello studio.

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