Odontoiatri: dal senior al giovane, dall’idea alla squadra, come costruire il proprio futuro

Crescita professionale odontoiatri

Il settore odontoiatrico italiano è al centro di una trasformazione profonda: tecnologica, organizzativa e generazionale.

In Italia, oltre 46.000 odontoiatri (dato 2024), con un’età media superiore ai 50 anni, si trovano a dover scegliere come affrontare i prossimi 5–10 anni di attività.

Mentre da un lato migliaia di studi si avvicinano al ricambio, dall’altro emerge una nuova generazione di professionisti – giovani, competenti, digitalizzati – che cerca un modo diverso di realizzarsi.

Questa transizione non è semplice: coinvolge ruoli, equilibri, modelli di business e relazioni.

Ecco perché oggi più che mai serve una visione integrata, che metta in dialogo senior, imprenditori, collaboratori esperti e giovani odontoiatri.

Vediamo come la crescita professionale degli odontoiatri e del team può indirizzare la gestione dello studio odontoiatrico.

L’odontoiatra senior che cede lo studio dentistico (o vuole iniziare a farlo)

Il professionista “senior” vive spesso un paradosso: da un lato, sente il desiderio di rallentare o uscire dal lavoro attivo intenso; dall’altro, prova preoccupazione per ciò che ha costruito – pazienti, team, reputazione.

Come si fa a ridurre l’intensità del lavoro senza deludere i pazienti e senza perdere competitività?

È questa la domanda – concreta, urgente – che molti professionisti senior si pongono nel momento in cui iniziano a immaginare un futuro diverso per sé stessi.

Ridurre la propria operatività non è solo una scelta personale: è anche un messaggio, e il rischio è che venga frainteso. Un segnale percepito come “ritiro”, disinvestimento, disinteresse. E in sanità, la percezione conta: per i pazienti, può far nascere il timore di essere abbandonati; per i collaboratori, il sospetto che manchi una direzione chiara.

In realtà, rallentare non significa necessariamente arretrare. Può – e deve – diventare un atto strategico: il passaggio dal “fare tutto da soli” al “costruire qualcosa che resta”, dal controllo diretto alla leadership condivisa.

Ma perché ciò sia possibile, occorre lavorare con consapevolezza sulla comunicazione, sulla transizione dei ruoli e su una nuova organizzazione del lavoro, capace di reggere anche senza la presenza costante del fondatore.

Chi ha già individuato un potenziale subentrante, sa che la fase più delicata è quella della transizione, dove bisogna trasmettere il know-how senza ostacolare l’innovazione. Chi invece è ancora nella fase iniziale, si trova bloccato tra il bisogno di fare chiarezza e il timore di perdere il controllo.

In entrambi i casi, è essenziale avere un set di dati strutturato: numeri reali su fatturato, prestazioni, costi, pazienti attivi. Solo così si può valorizzare adeguatamente l’attività.
Altro punto fondamentale è la road map comportamentale: quando si passa da titolare a cedente, bisogna sapere come relazionarsi al team, al subentrante e ai pazienti in modo coerente, per accompagnare con successo il cambiamento.

Anche il legame con i pazienti va gestito con attenzione: mantenere la continuità del rapporto di cura è una forma di responsabilità professionale, che può essere onorata accompagnando con trasparenza il passaggio di consegne.

Cardini evolutivi per il senior:

  • Strategia chiara per la cessione
  • Dati clinico-organizzativi strutturati
  • Road map dei comportamenti da adottare con il team e con i pazienti 
  • Supporto di coaching nel passaggio di ruolo
  • Valorizzazione della storia professionale
  • Subentrante motivato, competente, rispettoso

L’imprenditore odontoiatrico che valuta l’espansione

L’imprenditore dell’odontoiatria invece  vede nella trasformazione in corso un’opportunità: acquisire studi esistenti, rinnovarli, introdurre modelli più efficienti e inserire giovani talenti che non vogliono o non possono investire in uno studio proprio.

La soddisfazione nasce non solo dal risultato imprenditoriale, ma anche dalla possibilità di dedicarsi alla propria branca clinica d’elezione, lasciando la gestione a un team ben strutturato.

Questo vale in particolare per quegli imprenditori che sono anche odontoiatri: professionisti che, una volta costruito un sistema organizzativo efficiente, possono scegliere di concentrare il proprio impegno clinico su ciò che più li appassiona.

In molti casi, è proprio lo spirito imprenditoriale a offrire questa opportunità: aggregando più studi o costruendo realtà multi-sede, si rende possibile un ampliamento della casistica e una maggiore specializzazione, che valorizza sia il ruolo clinico del titolare sia la forza del modello organizzativo adottato.

Ma la sfida vera è creare un modello organizzativo replicabile, fondato su visione strategica, persone motivate, procedure solide e cultura condivisa.

Anche la costruzione di una brand identity coerente e riconoscibile diventa un asset competitivo, capace di attrarre pazienti, collaboratori e potenziali affiliati.

Cardini evolutivi per l’imprenditore:

  • Modello organizzativo scalabile e replicabile
  • Criteri per valutare studi da acquisire
  • Formazione e coaching per il team
  • Collaboratori come ambasciatori del progetto
  • Percorsi di carriera chiari
  • Ruolo clinico d’eccellenza ritagliato su misura

Chi ambisce a espandersi e ad aggregare nuove strutture deve necessariamente investire, sin dalle prime fasi, nella definizione di un modello organizzativo solido, scalabile e replicabile.

Non si tratta solo di garantire efficienza interna: un’organizzazione ben strutturata diventa il vero valore aggiunto dell’impresa, la prova tangibile dell’affidabilità e della visione imprenditoriale.

Questo aspetto sarà determinante anche nel lungo periodo: che si tratti di affiliazione a network più estesi, di partnership strategiche o di un futuro passaggio di proprietà, il valore della “piattaforma clinico-organizzativa” costruita con coerenza e metodo sarà ciò che distinguerà realmente il progetto.

Non una semplice rete di studi indipendenti, dunque, ma una rete strutturata di studi odontoiatrici, in cui la qualità clinica e l’eccellenza gestionale procedono insieme in modo integrato e riconoscibile.

Il giovane odontoiatra collaboratore

Il giovane odontoiatra è preparato, digitale, motivato. Ma si scontra con un mercato saturo, un elevato tasso di competizione sulle prestazioni a basso margine, che sono spesso affidate proprio ai profili junior.

Queste prestazioni che, pur richiedendo cura e precisione, non sono sempre ben compensate se retribuite con modelli rigidi a percentuale. Eppure, la qualità richiesta è alta.

Per questo è importante superare il solo compenso a %, e costruire proposte professionali che integrino:

  • compenso base, eventualmente con conguagli su obiettivi concreti;
  • elementi di gratificazione legati a valori etici, partecipazione e crescita;
  • opportunità formative sia cliniche (corsi di perfezionamento) sia trasversali (sviluppo di competenze relazionali, organizzative e comunicative).

Un mix attrattivo capace di coniugare aspetti tangibili – come la retribuzione, i benefit formativi e la chiarezza dei ruoli – con valori intangibili ma fondamentali: il riconoscimento, la possibilità di apprendere “sul campo” osservando e affiancando colleghi più esperti, il valore simbolico di ricevere in carico un paziente, che rappresenta un atto di fiducia e responsabilità.

I giovani sanno che l’affidamento di un paziente è molto più che un’opportunità tecnica: è un riconoscimento professionale e una porta di accesso alla reputazione dello studio, soprattutto quando si lavora in contesti guidati da opinion leader o professionisti con forte riconoscibilità clinica.

Per molti giovani, sentirsi parte di un progetto con un’identità forte e un leader riconosciuto è il primo passo per costruire appartenenza e impegno durevole.

In questo senso, lo studio deve diventare un ambiente fertile: non un semplice luogo di produzione odontoiatrica, ma un contesto formativo e professionale che sappia trattenere i talenti più motivati offrendo prospettive reali, concrete e coerenti.

L’odontoiatra collaboratore con media esperienza

Chi ha tra i 5 e i 10 anni di attività clinica alle spalle è spesso in una fase chiave della propria carriera: non è più un junior, non è ancora titolare o socio, ma ha maturato competenze che desidera vedere riconosciute.

Questi professionisti cercano ambienti in cui potersi realizzare pienamente, con compensi che riflettano la qualità raggiunta, ruoli ben definiti, e un’organizzazione tale da permettere loro di assumersi responsabilità cliniche senza doversi preoccupare continuamente del contesto in cui operano.

Per questo motivo, un ambiente strutturato, ben organizzato, tecnologicamente aggiornato, in grado di supportare la pratica clinica con processi chiari e affidabili, è uno dei fattori più attrattivi per chi è in questa fascia di esperienza.

Spesso non è il desiderio di “cambiare” a muovere questi professionisti – né da parte loro né da parte dei titolari di studio. Il cambiamento avviene, piuttosto, quando si percepisce che il contesto ha esaurito il proprio potenziale evolutivo: quando non investe più in metodiche aggiornate, quando mostra rigidità organizzative che ostacolano la crescita del singolo, o quando manca una visione condivisa di lungo termine.

In questi casi, lo sforzo di cambiare studio – pur faticoso – viene accettato come passo necessario per continuare a crescere.

Allo stesso modo, quando un titolare si trova a interrompere la collaborazione con un professionista esperto, spesso la causa non è una mancanza di valore clinico, ma una dissonanza relazionale o valoriale che, nel tempo, si è cronicizzata.

Collaboratori tecnicamente eccellenti, ma incapaci di coltivare una relazione di fiducia con il team e con i pazienti, generando situazioni che costringono il titolare a intervenire di continuo per “ricucire” i rapporti e l’alleanza di cura. 

Il professionista che coltiva anche le proprie soft skill relazionali diventa una risorsa di stabilità per lo studio, oltre che un riferimento clinico.

In questi casi, l’aspetto relazionale non può più essere trascurato: la capacità di creare relazione è parte integrante della professionalità.

Il punto di equilibrio: una cultura condivisa del lavoro odontoiatrico

Tutti questi attori – senior, imprenditori, collaboratori esperti e giovani – condividono bisogni profondi:
stabilità, sostenibilità, visione, fiducia, possibilità reali di realizzarsi.

Per questo è fondamentale costruire modelli di lavoro evoluti, capaci di unire competenza clinica, visione imprenditoriale e umanità organizzativa. Studi che diventano vere organizzazioni odontoiatriche, capaci di trattenere talenti e moltiplicare valore.

In questo contesto, il rapporto medico–paziente continua a rappresentare il cuore della professione E l’organizzazione non è accessoria rispetto alla qualità clinica, ma ne è il presupposto: garantire cure efficaci, sicure e personalizzate richiede un sistema strutturato, tecnologie adeguate e processi affidabili. 

E non mi stancherò mai di ripeterlo: servono figure come l’office manager, capaci di affiancare i leader nella realizzazione degli obiettivi, tenere insieme il team e supportare la crescita.
Un ruolo strategico, al servizio dell’organizzazione, nell’interesse di tutti.

Il coaching, in questo scenario, è lo strumento più potente per guidare questo cambiamento.

Un coach esperto nel settore:

  • conosce gli indicatori clinico-organizzativi da monitorare,
  • sa condurre un intake profondo, per impostare obiettivi concreti,
  • guida sessioni strutturate che attivano motivazione e direzione,
  • usa linguaggio e tecniche di comunicazione evolute, per mobilitare il team e veicolare il cambiamento.

Il coaching: chiarezza, direzione e coerenza professionale

In uno scenario così complesso e in continua evoluzione, il coaching si rivela uno strumento estremamente efficace per accompagnare i professionisti verso obiettivi concreti, rispettando al contempo la loro identità e i loro valori.

A differenza di una consulenza prescrittiva, il coaching lavora sulla chiarezza interna: aiuta a definire con precisione gli obiettivi, favorisce l’introspezione professionale, stimola la consapevolezza delle proprie risorse e presenta con lucidità anche ciò che va migliorato, sempre in funzione della meta che ci si è posti.

È un processo esigente ma rispettoso, che tiene insieme strategia, visione, etica e motivazione.

Il percorso è solitamente snello e mirato: in media 3–5 incontri da remoto, eventualmente estendibili a 6–7 nei casi più complessi. Una modalità agile, che si adatta alla routine impegnativa del professionista e mantiene alta l’efficacia.

Raggiunto un primo traguardo, è possibile proseguire con obiettivi successivi, in un’evoluzione continua dove ogni percorso prepara il terreno per il passo successivo: non sassolini per tornare indietro, come nella fiaba di Pollicino, ma tracce che orientano la direzione e moltiplicano il senso del cammino.

Cosa fare oggi per costruire il domani: coaching e formazione

Se sei un senior che vuole cedere, un giovane che vuole crescere, un imprenditore che vuole espandersi, o un professionista che vuole fare il salto di qualità, il momento giusto per progettare è adesso.

Investi su te stesso: definisci la tua visione, chiarisci la meta, traccia la rotta.
Regalati una sessione di business coaching: uno spazio di confronto, strategia e potenziamento per chiarire dove sei, dove vuoi arrivare e come costruire il tuo percorso con metodo e consapevolezza.

Oppure investi sulle tue risorse umane: forma chi può diventare il tuo office manager, la figura chiave per trasformare obiettivi in risultati e costruire un’organizzazione solida e sostenibile.

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